Di Catello Masullo

Tratto da "Il Parere dell'ingegnere"- Anno XI n° 9 del 17/06/2016

Nello spazio di archeologia industriale “Base Milano” a Milano, lunedì 4 luglio 2016 si è tenuto il forum sull'attuale tema in epigrafe, moderato da Antonio Cianciullo,giornalista del quotidiano La Repubblica e direttore responsabile di Materia Rinnovabile.

Oriana Romano, rappresentante Ocse, ha illustrato i risultati di una inchiesta effettuata in 48 grandi città, di cui 46 in paesi Ocse. La conclusione è che le città assumono un ruolo sempre più importante per l’agenda globale. Verso il 2030. Con obiettivi di fare in modo che le città siano inclusive, resilienti e sostenibili. “Per fare questo”, ha affermato, “serve un sistema idrico che funzioni. Purtroppo i livelli di sicurezza dell’acqua nei paesi Ocse non possono essere dati per scontati. Obsolescenza delle infrastrutture. Eccessi di acqua inquinata e di siccità. Minacce concrete. Prima di lavorare sulle infrastrutture occorre lavorare sulle istituzioni. C’è crisi di governance. Il problema non è capire cosa si deve fare, ma chi fa che cosa e perché. I fattori che frenano la governance : più del 50% delle popolazioni vive nelle città e arriveranno presto al 60%. La domanda globale aumenterà del 55% entro il 2050. E aumenterà la competizione tra i diversi usi. Per il 92% delle città c’è obsolescenza, eventi estremi, cambiamenti climatici. Ed anche cambiamenti istituzionali. La città diventa resiliente se gli stakeholders sono coinvolti e se c’è un quadro istituzionale chiaro. Un ruolo importante è giocato dalle istituzioni locali. C’è bisogno di ordinamento. Le città da sole non possono affrontare la complessità del tema. L’acqua va al di là dei perimetri organizzativi. Occorre guardare ad un approccio funzionale dell’acqua. Includendo anche il termometro rurale. Gli ostacoli alla governance individuati sono le  capacità manageriali, per il 65%, ed un problema di tariffe, disponibilità a pagare da parte dei cittadini, e la definizione delle tariffe in modo da includere gli investimenti. Mancanza di fiducia nelle istituzioni.

La “governance framework” si compone di i) persone, ii) politiche e, iii) Places “.

Ad Eva Bufi, executive director UN, è stato affidato il tema “Costruire città sostenibili e intelligenti”. “Analizziamo le buone pratiche in diversi paesi”, ha esordito. “La nostra visione del resilienza è la cooperazione con il settore privato. Le città hanno bisogno di “smart governance”. È importante la resilienza del settore privato. Il PPP (Partenariato Pubblico Privato) prevede tempi di servizio lunghi, anche 30 anni.

Le key issues sono :

a)     Govennance;

b)     Finacing (piccola dimensione dei progetti e metodi innovativi);

c)     Citizenship participation;

d)     Sustainability (bisogno di un uso efficiente del risorse).

Il primo progetto partecipativo è a Siviglia. È durato 2 anni. C’è stato un enorme ritardo, di 3 anni, un aumento dei costi del 70%. Ci sono stare modificazioni del contratto. Altro esempio Barcellona che ha diverse connessioni senza fili. Abbiamo deciso di riunificare le reti. Le risorse finanziarie vengono dagli spazi venduti ad altri operatori. A Parigi 20.660 biciclette a noleggio che hanno dato reddito e pubblicità per fare gli investimenti. Quindi gestione e controllo dei costi. E nuovi metodi di business alternativi alla gestione pubblica. Si possono utilizzare nuove e diverse infrastrutture per realizzare un servizio. Ad es PPP nella gestione di disastri. Dopo lo tsunami”.

“Il cambiamento sostenibile nelle aree metropolitane” è stato l’oggetto dell’intervento di Caterina Sarfatti, strategic programme manager C40. “C40 è un associazione internazionale non ancora ben conosciuta”, ha spiegato. “Affrontiamo il cambiamento climatico e cambiamenti improvvisi sull’acqua. Nasce nel 2005 dal sindaco di Londra Ken Livingston che mette intorno al tavolo una 15.ina di sindaci sul cambiamento climatico. Bloomberg sindaco di NY, poi nel 2013, sindaco di Rio, Paes, sulla estensione della rete alle città al sud del mondo, e sull'accesso alle risorse finanziarie da parte delle città. Oramai rappresentiamo l’11% della popolazione ed il 25% del PIL mondiale. Grandi città globali. È decisivo lavorare nelle città e con le città. Dobbiamo ridurre le emissioni a livello mondiale come da accordo di Parigi del 2015 per contenere l’aumento della temperatura entro i 2 gradi. Manca ancora molto da fare nelle riduzioni. Le città possono aiutare moltissimo. Non chiediamo finanziamenti alle città, siamo finanziati da organizzazioni filantropiche. Lavoriamo contattando politicamente i sindaci e tecnicamente le amministrazioni. Lavorare con noi obbliga le città e connettersi. Prima di tutto aiutiamo i leader delle città ad aiutarsi l’un l’altro. Il sistema del networking è il nostro modello di attività. Abbiamo 6 azioni tematiche, la più importante delle quali è l’adattamento e l’acqua. Ogni azione tematica ha due o tre network, che produce webinar. Uno o due volte all'anno c’è un incontro fisico per fare un bilancio e definire gli obiettivi degli anni successivi. La nostra ricerca dimostra che due terzi delle politiche ambientali sostenibili delle città viene realizzata grazie a collaborazione diretta, ed un terzo grazie a C40.I CC (cambiamenti climatici) sono già visibili nel 90% delle città. Le città lavorano per darsi obiettivi e piani su come reagire agli effetti più drammatici. Occorre integrare il lavoro dei sindaci su adattamento e CC. Le azioni di politica di adattamento non devono avere azioni negative sulle sfide sostenibili. Fare politiche di adattamento è una priorità per le città, ma non è scontato che i cittadini lo comprendano. Si sta facendo comunicazione. Uno dei network lavora sulle città Delta, che hanno maggiore potenzialità con l’innalzamento del mare. E’ condotto dalla città di Rotterdam, che ha preso la leadership delle grandi città di mare. Si è creata una partnership tra Rotterdam ed Ho Chi Min City, per creare un piano di adattamento contro le inondazioni ed un piano di partenariato. Più della metà dei paesi del mondo ritengono l’adattamento una priorità. Il prossimo summit è a Città del Messico, questo anno”.

Michele Falcone, direttore generale Gruppo Cap, ha trattato “Il futuro della risorsa idrica nelle aree urbanizzate: il ruolo del gestore”. “Perché il gestore si imbarca nella gestione delle acque da alluvione?”, è stata la domanda che si è posta ad esergo del suo intervento. “L’area metropolitana di Milano ha una enorme densità industriale. L’acqua si è sempre coniugata con una visione industriale. Enorme patrimonio agricolo, oltre il 50% dell’area è territorio agricolo. Ma è un’area con 10 volte la media nazionale di popolazione. La tariffa serve anche agli investimenti. Torno alla prima domanda, Perché il gestore si imbarca nella gestione delle acque da alluvione?, la risposta è quella di George Bernard Show: perché no?”

Dopo questi interventi tematici, è stata la volta della testimonianza della esperienza di importanti città straniere.

Jean Paul Colin, vice presidente Città Metropolitana di Lione, ha parlato della “Metropole” di Lione, che è stata costituita solo un anno fa. “Siamo il mercato di lavoro più grande di Europa!”, ha esordito. “Sono tre comuni che lavorano assieme. Abbiamo 9.000 funzionari e disponiamo di un budget di 3.4 miliardi di euro. Ci occupiamo di molti servizi, oltre l’acqua, il gas e tanto altro. Il ciclo urbano dell’acqua. Produciamo 270.000 m3 di acqua la giorno, depurata da circa 12 depuratori. Consideriamo che l’acqua sia un bene comune. 3 euro al m3, 1 per il potabile, 1 per la depurazione, 1 per l tasse. Vogliamo valorizzare l’acqua in città e la città attraverso l’acqua e la natura. Favoriamo l’infiltrazione diretta dell’acqua di pioggia. Accumuliamo l’acqua di pioggia per la pulizia delle strade. Andiamo verso una progressiva eliminazione della impermeabilizzazione della città. Almeno il 20% dell’acqua di pioggia infiltrata prima del 2030”.

Dirk van Peijpe, founder De Urbanisten, ha parlato del sistema idrico urbano di Rotterdam. “Abbiamo fondato DE URBANISTEN, 7 anni fa a Rotterdam. A noi interessa il paesaggio ed una urbanistica water sensible. Vogliamo migliorare la qualità della vita nelle città. Stiamo lavorando per far frante alle bombe d’acqua. Siamo stati anche i vincitori di un bando urbano negli USA. La urbanistica idro-sensibile per noi è nevralgica. La città di Rotterdam è un laboratorio ideale. La piazza dell’acqua di Rotterdam è stata realizzata 7 anni fa. Il modello concettuale è che l’acqua precipitata viene conservata nel sistema e poi infiltrata nel sottosuolo senza essere scaricata in fognatura. Abbiamo anche migliorato l’estetica. La piazza è moto frequentata”.

Janet Sanz Cid, assessore all’Ecologia Città di Barcellona, ha riferito del Flood risk prevention in Barcellona. “Abbiamo gestito in maniera resiliente. La nostra società è pubblica e si chiama BARCELONA CICLE DE L’AIGUA, SA.  Gestiamo il ciclo idrologico, preavvisi di inondazione, uso delle acque freatiche per irrigare, per pulire le strade  e la rete fognaria. Ed anche gli aspetti ornamentali della città come le fontane. Trattiamo il 100% dell’acqua di pioggia. Abbiamo molte vasche di stoccaggio dell’acqua piovana. Ci sono 5 livelli di allerta meteo. Più di 833 t di SS (solidi sospesi) non arrivano sulle spiagge”.

Mario Sommerhäuser, head of department Emschergenossenschaft / Lippeverband ha portato l’esperienza di Essen sui progetti di gestione integrata e sostenibile dell'acqua nelle aree urbane. “La regione è cambiata a seguito della estrazione del carbone. In solo 50 anni la popolazione è aumentata di 13 volte e le estrazione mineraria è aumentata di 25 volte. Sono arrivati circa 4 milioni di persone. Nel ’90 tutti i comuni hanno deciso di risanare. Ci sono voluti 30 anni. 5 miliardi di euro di investimento. 4 depuratori e 400 km di canali sotterranei”.

Roland Zinkernagel, sustainability strategist Città di Malmö ha illustrato “La gestione sostenibile dell’acqua nella città di Malmö”. “Ogni anno si trasferiscono 500.000 persone a Malmö. Abbiamo bisogno di spazio. La sfida è farle stare nella città esistente. I parchi sono minacciati. Ma noi cerchiamo di non toccare le aree verdi. Grandi bacini di ritenzione come stagni. Tutta l’acqua confluisce in un parco. Dove rimane. Ha funzionato bene. Anche dal punto di vista sociale”

Claudio Gandolfi, professore ordinario Università di Milano, ha illustrato l’interessante progetto “Flood Hide - Studio di fattibilità sull’utilizzo del reticolo idrico minore per la laminazione dei deflussi urbani”

La sessione pomeridiana è stata caratterizzata da molti importanti contributi sulla specifica situazione della città di Milano e delle Regione Lombardia. Dalla “pianificazione territoriale e la partecipazione, l’esperienza dei Contratti di fiume” di Viviane Iacone, direttore pianificazione, tutela e riqualificazione risorse idriche Regione Lombardia, a “La salvaguardia del suolo” di Dario Fossati, direttore unità organizzativa difesa del suolo Regione Lombardia”, alla “Coltiazione del riso in area urbana” di Raffaella Balestrini, CNR.

 

A conclusione tre eccellenti tavole rotonde, in rapida successione:

a) “riprogettare la natura nelle metropoli”, con gli interventi di Dario Kian, unità operative servizi per il territorio E.R.S.A.F. Regione Lombardia, Matteo Pedaso di Studio LAND, Franco Sacchi, direttore Centro Studi PIM e Damiano Di Simone, lega Ambiente;

b) “acque meteoriche e sistemi drenanti nelle città resilienti”, con gli interventi di Mario Fossati, direttore Tecnico Consorzio Bonifica Est Ticino Villoresi Milano, Armando Brath, professore ordinario Università di Bologna – Presidente di Associazione Idrotecnica Italiana, Marco Callerio, Tecnico progettazione e direzione Lavori settoredepurazione Gruppo CAP;

c) “recuperare l'acqua, acque reflue e agricoltura: una convivenza possibile?” Con gli interventi di Sergio Papiri, professore associato Università di Pavia,  Roberto Isola, direttore generale Associazione irrigazione Est Sesia – Novara, e Andrea Lanuzza, direttore settore fognatura e depurazione Gruppo CAP.

 Di tutti questi importanti interventi, mi piace riportare, infine, il resoconto di quello di Armando Brath, professore ordinario Università di Bologna – Presidente di Associazione Idrotecnica Italiana, perché, con una lezione magistrale, ha portato un elemento di verità scientifica e di chiarezza su un equivoco che continua ad echeggiare a tutti i livelli. Ed anche negli interventi della mattinata di questo stesso simposio. Che è quello che pone i cambiamenti climatici a causa dell’aumento degli allagamenti delle aree urbane, cosa di cui non c’è nessuna evidenza scientifica. Anzi ce ne sono, con la forza inconfutabile dei numeri, che ci dimostrano esattamente il contrario.

“Sono qui soprattutto in veste di Presidente della Associazione Idrotecnica Italiana”, ha voluto precisare il prof. Brath, “istituita a Milano nel 1923. È stata costantemente un punto di riferimento di istituzioni, professionisti ed imprese. Edita la più importante rivista scientifica, tuttora pubblicata. Il drenaggio delle acque meteoriche apparentemente è piuttosto semplice. È a tutti noto che ci sia un certo incremento negli ultimi decenni della frequenza con cui avvengono allagamenti urbani. In estrema sintesi, le ragioni:

a) CC (Cambiamenti Climatici) : molte relazioni hanno attribuito le maggiori frequenze al CC. Si può dire con certezza? No! Mentre ci sono certezze sugli aumenti di temperatura. Gli effetti sulle piogge non è così scontato. Il rapporto IPCC ultimo del 2014 fornisce forchette ampie sulle temperature. E sulle piogge l’incertezza è enorme. Non si può affermare nulla di preciso;

b) Crescita urbanizzazione : nel secondo dopoguerra è stato costante, siamo al terzo posto in Europa come grado di urbanizzazione. Provoca effetti idrologici importanti, l’onda di piena si modifica, con aumento della portata al colmo, diminuzione del tempo di corrivazione. C’è minore evapotraspirazione da 40 a 30%, minore infiltrazione da 50 a 15%, aumento delle portate dal 10 al 55%, cioè di 5 volte. La infiltrazione si riduce da 10 a 20 volte;

c) Influenza dei livelli dei corpi ricettori: effetto indiretto della urbanizzazione;

d)  Acque parassite;

e) Tempi di ritorno troppo bassi: nel ’96 un decreto legge dice che le fognature si progettano con tr di almeno 5 anni. Una volta era accettabile. Non più oggi;

f) Manutenzione caditoie e pozzetti: il sistema non funziona se l’acqua non vi entra.

Direttiva alluvioni : 2007/60 parla di valutazione e gestione del rischio alluvioni. Non parla più di abbassamento del rischio, ma di gestione dello stesso. Nascono quindi i piani di gestione del rischio di alluvione. Il rischio residuale rimane. Esiste sempre la possibilità di un evento con tr maggiore di quello di progetto. Non si possono escludere fenomeni di fragilità delle opere. Anche per tempi di ritorno inferiori a quello di progetto. Tipico soprattutto delle arginature. Spesso dovute a tane di animali, volpi o nutrie. Che inducono fragilità anche per piene banali.

Una città resistente non subisce alcuna conseguenza fino ad arrivare alla magnitudo di progetto delle opere di difesa. Una città resiliente tollera eventi maggiori, in quanto si adatta meglio.

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